Cremona e la politica



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Un politico cremonese che infiammò il dibattito nazionale, un esempio attualissimo per la autonomia di pensiero e capacità di scelta, condannato dai dogmatici, in primis gli stalinisti

Giulio Seniga: il coraggio dell'eresia e del riformismo

Quando si discuteva con la pistola sul tavolo (anche alla Federazione di Cremona) sfidò il gruppo dirigente del PC - Al tempo del sequestro Moro, si offrì alle BR in cambio

di Carmine Lazzarini

A me sono sempre piaciuti gli “eretici”. Persone che hanno avuto il coraggio di pensarla diversamente o, come era nel significato originario, persone che avevano il coraggio di scegliere dopo aver valutato più opzioni. Solo con la nascita di una dogmatica cattolica, il termine si carica di connotati dispregiativi.

Perciò da giovani abbiamo solidarizzato con Arnaldo da Brescia, Michele Serveto (questo bruciato vivo dai Calvinisti), Giordano Bruno, Galileo Galilei. Con la nascita di una dogmatica stalinista, si condannarono i “revisionisti”, i “frazionisti”, le “mosche cocchiere dell'imperialismo”. Da qui il desiderio di organizzare un incontro su Giulio Seniga, una delle figura più controverse, perciò affascinanti dell'antifascismo e della Resistenza, del comunismo italiano, poi del riformismo italiano, colui che ebbe il coraggio di sfidare il gruppo dirigente del PCI negli anni '50 e, al tempo del sequestro Moro, di offrirsi alle BR in cambio dello statista democristiano.

Di lui ho un piccolo ricordo personale: essendo di Volongo, dove era nato 1915 da un bracciante e da una sarta, veniva spesso a Isola Dovarese ed era amico di famiglia. Appena finita la guerra, ho il ricordo di un signore biondo, che mi prese in braccio e mi depositò sulla sua potente moto (non so se Gilera o Guzzi). Nel 1942, quando fui colpito da poliomielite e curato in ospedale a Milano, mi venne a trovare (così mi fu raccontato). Mia madre ha conservato di lui una foto con dedica e una cartolina da oltre cortina.

E' personaggio ben conosciuto a Cremona, in quanto operò per anni nella Federazione del PCI cremonese, poi trasferito a Roma nel 1947 con incarichi delicatissimi (Pietro Secchia e Palmiro Togliatti lo resero responsabile del famoso “apparato di riserva”: un organismo che gestiva fondi, documenti, covi segreti, in caso di colpo di stato di destra sostenuto dagli USA. Erano a disposizione anche alcuni piccoli aerei per portare i dirigenti di altissimo livello nei paesi dell'est). Entrato in contatto col Partito Comunista clandestino quando era tecnico dell'Alfa Romeo di Milano, divenne dopo la caduta di Mussolini e l'8 settembre un leggendario capo partigiano, collaboratore strettissimo di Cino Moscatelli. Fuggì in Svizzera. Da qui, in continuo andirivieni con le valli confinanti, si unì ai reparti "garibaldini" col nome di “Nino”, partecipò alla fondazione della famosa Repubblica dell'Ossola, .

Uomo di grande coraggio e una fede incrollabile nella lotta delle classi lavoratrici. Il suo mito nella Resistenza si deve sia alla leggendaria “operazione Mercurio”, quando deviò un treno di metalli pregiati e bombole di mercurio destinato ai tedeschi, mettendolo in salvo in Svizzera, sia per il famoso "salto del Nino": per sfuggire ad un rastrellamento in alta quota il 13 novembre 1944 presso il Passo Cingino, precipitò con un salto di più di cento metri sui nevai. Salvato con diverse fratture, si nascose in una baita a 2200 metri, sopravvivendo per circa due mesi privo di cure mediche.

A Roma rimane deluso dell'opportunismo di dirigenti e funzionari, che lui chiamava "ciurla", dell'attendismo pantofolaio di Togliatti e Secchia, dei legami troppo succubi nei confronti dello stalinismo. Così scelse una data simbolica per un gesto clamoroso. Il 25 luglio del 1954, portò al cinema i figli di Secchia, uscì per un attimo e scomparve, scegliendo una vita priva di carriera per dedicarsi alle lotte della classe lavoratrice, stando sempre dalla parte degli oppressi.

Ad aiutarlo fu soprattutto il giornalista Gianni Brera, che lui aveva salvato da una sommaria esecuzione durante la resistenza. Con sé portava il famoso "bagaglio che scotta". Convinto che per la lotta politica fossero necessari gli uomini, le idee e i mezzi, prese contatto con “compagni” dissidenti a livello nazionale ed internazionale, si appropriò di documenti riservati e del fondo segreto (si parla di 420.000 dollari), che l'URSS aveva fornito ai comunisti italiani, i quali non lo poterono denunciare per non incorrere nell'accusa di essere al soldo dei Sovietici.

Ci furono diversi incontri anche alla Federazione PCI di Cremona, dove i colloqui avvennero con le pistole sul tavolo (questo era il clima). "Era appena morto mio padre, racconta Seniga, Secchia e i suoi compagni più fidati mi rintracciarono al funerale, a Volongo... Nel pomeriggio mio cugino mi avvertì che Cino Moscatelli aveva detto: "A Cremona ci sarà un altro funerale". Ma naturalmente non se ne fece niente da una parte e dall'altra. Vivere in democrazia ha i suoi vantaggi.

Il caso assunse una rilevanza nazionale, la sua foto pubblicata su tutti i giornali. Seniga utilizzò il fondo per organizzare un nuovo partito con i dissidenti comunisti, ma dato il suo tagliente spirito critico, venne espulso anche dai "comunisti" più estremi. Nel 1958, dopo l'esecuzione dei dirigenti del PC ungherese, Inre Nagy e Pal Maleter, organizza con la moglie Anita Galliussi alla Camera deputati un clamoroso gesto di protesta. Aiutato ad entrare da un parlamentare cremonese della DC, lanciò volantini di critica durante l'intervento di Pietro Ingrao.

Negli anni '60 si avvicinò al Psi, partito dei lavoratori non filosovietico. Fondò la casa editrice Azione Comune, specializzata nelle pubblicazione di scritti di dissidenti a livello nazionale ed internazionale, ma anche l'Unione Democratica Amici di Israele, sorta dopo la guerra del 1967. Anche tra i socialisti fu un "dissidente" in quanto non accettò mai la corruzione e la degenerazione del partito operate da Craxi.

Con la pubblicazione di documenti tratti dall'Archivio Seniga, ora il figlio ricostruisce la storia del padre, dimostrando come i fondi sottratti furono impiegati per ideali politici. I Seniga vissero sempre in un modesto appartamento, Giulio si riservò uno stipendio pari a quello di operaio specializzato (come era all'Alfa Romeo). Una scelta un po' diversa rispetto agli attuali “tesorieri” dei partiti attuali.




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di Gio, 24 mag 2012